Attila, (dal gotico "piccolo padre"), in ungherese moderno: Attila; in turco: Atilla; in norvegese antico: Atle o Atli; in islandese: Atli; in tedesco: Etzel (Caucaso, 406 – Pannonia, 16 marzo 453), è stato un condottiero e sovrano unno dal 434 fino alla sua morte.
Dall'Europa governò un vastissimo impero che si estendeva dall'Europa centrale al Mar Caspio, e dal Danubio al Mar Baltico, unificando - per la prima ed ultima volta nella storia - la maggior parte dei popoli barbarici dell'Eurasia settentrionale (dai Germani orientali agli Slavi agli Ugro-Finni).[1]
Durante il suo regno divenne il più irriducibile nemico dell'Impero bizantino e dell'Impero romano d'Occidente: invase due volte i Balcani, cinse d'assedio Costantinopoli, marciò attraverso la Francia spingendosi fino ad Aurelianum, scacciò da Ravenna l'imperatore Valentiniano III (452).
Soprannominato flagellum Dei ("flagello di Dio") per la sua ferocia, si diceva che dove fosse passato non sarebbe più cresciuta l'erba. Gli studi storici moderni vedono in lui più un predone che un distruttore insensato.[2] Si racconta che fosse superstizioso, facesse affidamento sulle profezie e si facesse influenzare nelle decisioni in campo militare da indovini e sciamani.[1] Alcune leggende, mai sostenute da elementi concreti, raccontano di sue pratiche cannibalistiche e che avesse mangiato i propri figli Erp ed Eitil, che sua moglie gli servì dopo averli arrostiti nel miele.[1] Alcuni raccontano che avrebbe avuto numerose mogli e più di cento figli in confusione con i sovrani mongoli Gengis Khan e Kublai Khan.